Per capire meglio la vicenda facciamo un passo indietro. Pontremoli, 29 novembre. Nel teatro della Rosa che ospita il convegno “Aerospazio e difesa, un’opportunità per il territorio”, patrocinato dal Comune di Pontremoli e promosso da una cordata di imprese del settore della difesa e del comparto tecnologico, siedono anche studenti di alcune classi del liceo di scienze umanistiche e linguistiche. L’evento è pubblico, aperto, documentato. Il giorno prima il Comune di Pontremoli sulla sua pagina Instagram chiama a raccolta la popolazione: “esploriamo insieme opportunità, innovazione e nuove visioni per il territorio”.
Tra i relatori, seduti attorno ad un tavolo posto sull palco del teatro, prende la parola Massimiliano Nicolini, responsabile della Fondazione Olitec – Olivetti Tecnologie e Ricerca.
«Noi la chiamiamo addestramento»
Nel suo intervento, Nicolini definisce esplicitamente la formazione come “addestramento”, rivendicando il termine:
«Che cos’è la formazione? […] Noi la chiamiamo addestramento».
Annuncia quindi che dal 2026 sarebbe partito a Pontremoli un percorso triennale legato alla bioinformatica:
«Nel 2026 partirà il nostro centro di addestramento all’interno della struttura del Liceo vescovile».
Secondo quanto affermato pubblicamente, il percorso avrebbe previsto:
- una durata di tre anni;
- il sostegno economico completo degli studi da parte dell’istituzione;
- una occupazione garantita, con la dichiarazione che «il 100% dei nostri cadetti riceve una proposta di lavoro già dopo il primo anno di addestramento»;
- la possibilità, al termine, di accedere a imprese del settore, alla riserva selezionata delle Forze armate o a progetti imprenditoriali.
L’intervento è stato registrato integralmente in video, trattandosi di un evento pubblico, dal Vicesindaco di Pontremoli Clara Cavellini e reso disponibile su Facebook:
Il contesto: difesa, tecnologia, occupazione
Nel corso del convegno viene più volte ribadita l’idea che il settore dell’aerospazio e della difesa possa rappresentare un “volano” economico per il territorio, offrendo opportunità di lavoro qualificate senza costringere i giovani a lasciare la Lunigiana. Nicolini parla di “élite tecnica del Paese”, di capitale umano, di tecnologie avanzate applicate sia all’ambito militare sia a quello sanitario.
È in questo quadro che l’annuncio sul Liceo vescovile viene presentato come un passaggio ormai definito.
Il precedente: il post della Fondazione Olitec
L’annuncio del 29 novembre non è un episodio isolato.
Sul sito ufficiale della Fondazione Olitec, in un articolo datato 7 agosto 2025, si legge:
«Il Liceo Classico Vescovile di Pontremoli diventa ufficialmente il primo liceo classico BRIA d’Italia, grazie all’avvio di una collaborazione strategica con la Fondazione Olitec».
Il testo parla di:
- discipline BRIA (Bioinformatica, Realtà Immersiva, Intelligenza Artificiale) come componenti integrate nel percorso formativo;
- accesso diretto, senza necessità di selezione, ai percorsi di addestramento professionale Olitec;
- una collaborazione descritta come già avviata e strutturata.
Anche in questo caso, il linguaggio utilizzato non fa riferimento a ipotesi o sperimentazioni, ma a una trasformazione già in atto. Come si legge dall’articolo: “Diventare il primo liceo classico BRIA d’Italia – dichiarano congiuntamente la Fondazione Olitec e la dirigenza scolastica – significa assumersi la responsabilità di indicare una strada nuova a tutta la scuola italiana. Una scuola che non teme il futuro, ma lo accoglie, lo guida e lo trasforma in opportunità per i giovani. E lo fa senza abbandonare il cuore della sua missione: educare uomini e donne liberi, pensanti, capaci di scegliere e di costruire.”
A rafforzare ulteriormente il quadro contribuisce un articolo pubblicato sul quotidiano La Nazione il 23 ottobre 2025, oltre un mese prima del convegno del 29 novembre. Nel pezzo, intitolato “Il Classico nel futuro. Curvatura tecnologica per il Liceo Vescovile”, il quotidiano parla esplicitamente di una trasformazione già avvenuta: “Il Vescovile di Pontremoli è diventato ufficialmente il primo liceo classico d’Italia Bria”.
L’articolo fa riferimento a una collaborazione strategica con la Fondazione Olitec e descrive l’introduzione delle discipline BRIA non come attività opzionali, ma come componenti integrate nel percorso formativo. Viene inoltre riportato che, nel corso dell’inaugurazione dell’anno scolastico al Cinema Manzoni, il vescovo diocesano Mario Vaccari e il sindaco Jacopo Ferri hanno assistito alla lectio magistralis di Massimiliano Nicolini, presentato come esperto in sistemi complessi di intelligenza artificiale.
Nello stesso articolo si legge che Nicolini avrebbe annunciato la nascita di corsi post-diploma e anche di una laurea triennale con lezioni a Pontremoli, rafforzando l’idea di un percorso formativo già delineato e destinato a svilupparsi sul territorio.
Anche in questo caso, il linguaggio utilizzato non fa riferimento a ipotesi o sperimentazioni future, ma a un progetto descritto come già avviato.
Le reazioni e la presa di distanza
Dopo il convegno, alcune associazioni pacifiste e realtà del territorio diffondono una lettera critica, contestando l’impostazione dell’evento e l’idea di un legame tra scuola e industria militare.
Ma è la nota ufficiale della Diocesi di Massa Carrara-Pontremoli a chiudere formalmente la vicenda.
In un comunicato diffuso nei giorni successivi, la Diocesi chiarisce che: «lI responsabile della Fondazione Olitec, Massimiliano Nicolini ha annunciato che dal mese di settembre 2026 si sarebbe aperto un percorso triennale di studi sulla bioinformatica presso il Liceo vescovile di Pontremoli. A questo proposito desideriamo comunicare che nessun accordo era ed è stato stipulato con il signor Massimiliano Nicolini, né direttamente con la sua persona, né tantomeno con la Fondazione Olitec».
La nota riconosce che vi fossero stati colloqui e approfondimenti preliminari, ma precisa che: «Desideriamo esprimere la netta distanza del Liceo vescovile e della Diocesi apuana da questa progettualità».
La motivazione è esplicitata in modo altrettanto netto: la crescita umana e spirituale degli studenti non può essere perseguita attraverso iniziative legate a logiche di riarmo o che giustifichino, anche indirettamente, la guerra. La Diocesi ribadisce invece una proposta educativa fondata sulla cultura della pace e sulla formazione di “operatori di pace”.
Una discrepanza documentata
A emergere con chiarezza, mettendo in fila date, dichiarazioni e documenti, è una discrepanza oggettiva. Da un lato, annunci pubblici e comunicazioni ufficiali della Fondazione Olitec che presentano una collaborazione con il Liceo vescovile come già avviata e definita;
dall’altro, una smentita formale dell’ente titolare della scuola, che nega l’esistenza di qualsiasi accordo e prende le distanze dal progetto così come era stato presentato.
Non si tratta di interpretazioni, ma di testi e dichiarazioni agli atti.
Accanto a questa discrepanza, emerge anche un secondo elemento rilevante: una progressiva trasformazione dell’impostazione del progetto rivolto alla scuola. Tra agosto e novembre, infatti, il progetto BRIA subisce una evidente trasformazione narrativa: da proposta di integrazione tra saperi umanistici e tecnologie avanzate a percorso esplicitamente legato all’ambito militare e all’addestramento.
Una trasformazione che non emerge da letture soggettive, ma dal confronto diretto tra testi, dichiarazioni pubbliche e contesti in cui queste vengono pronunciate.
Nel materiale diffuso ad agosto, il progetto BRIA viene descritto come orientato alla creazione di laboratori didattici immersivi, nei quali la letteratura classica, la filosofia, le scienze e la matematica sarebbero state esplorate attraverso strumenti digitali, simulatori e ambienti virtuali, in un’ottica di arricchimento del percorso umanistico.
Nel corso dell’intervento pubblico del 29 novembre, invece, il lessico e gli obiettivi cambiano sensibilmente: la formazione viene definita come “addestramento”, compaiono riferimenti a cadetti, a una bioinformatica militare, alla riserva selezionata delle Forze armate e al settore della difesa, con richiami diretti all’esperienza della guerra: «Siamo stati due mesi in Ucraina, e vi assicuro che la vita di un Paese in guerra è molto diversa da quella di un Paese in pace».
È questo scarto lessicale e concettuale, documentato e verificabile, a segnare il passaggio da una proposta educativa di tipo sperimentale a un progetto con una chiara connotazione di diversa impronta, tale da suscitare le successive prese di distanza istituzionali.
Le domande aperte
Restano ora alcune domande di interesse pubblico:
- con quale mandato è stato annunciato un percorso triennale all’interno di una scuola, prima della stipula di un accordo formale?
- quale livello di informazione è stato fornito agli studenti presenti al convegno sullo stato reale del progetto?
- quale ruolo hanno avuto le istituzioni locali nel patrocinare un evento in cui un progetto educativo è stato presentato come già definito?
- quale valutazione preventiva è stata fatta dal Comune prima di concedere il patrocinio all’evento?
Ovviamente queste domande non chiamano in causa opinioni o ideologie, ma responsabilità e trasparenza, soprattutto quando il terreno è quello della scuola e della formazione dei più giovani.
