Sabato 13, via San Piero, Carrara: “giornata per Palestina e disarmo”. Tradotto in linguaggio spicciolo: petizione per togliere dalle farmacie comunali i farmaci Teva, multinazionale israeliana, “a favore di equivalenti”. Un boicottaggio profilato con l’evidenziatore etico, morale, antimperialista, anticolonialista. Quindi sorge subito una domanda semplice agli organizzatori: vi state candidando a governare la Toscana o la Striscia di Gaza?
La scena è questa: si grida al genocidio, si promette “pressione economica” su Israele… col bancone delle farmacie comunali. Il tutto in campagna elettorale. Così, mentre tu prendi posizione su Tel Aviv, il pensionato in fila si prende un sostituto più caro o non disponibile. Colpire i pazienti per arrivare a Netanyahu: geniale come scioperare contro la guerra bloccando le ambulanze.
Attenzione però (sorpresa!) Teva non è “quella marca lì”: è tra i maggiori produttori di generici al mondo. Tagliarla fuori nelle pubbliche comunali non sposta un euro a Gerusalemme, ma può complicare le forniture locali, specie su molecole critiche o in carenza. Complimenti per il coraggio… con i farmaci degli altri. In Italia la sostituibilità la governa AIFA, non un gazebo. Regola base: il farmacista dispensa l’equivalente al prezzo più basso tra quelli in Lista di Trasparenza, salvo “non sostituibile” del medico o rifiuto del paziente. Forzare esclusioni per nazionalità di capitale è una deviazione politica dal criterio tecnico. E quando salta l’equivalente più economico, paga il paziente o il SSN.
Ma ovviamente sorgono anche alcune domandine per chi andrà a firmare la petizione a Carrara o Fivizzano:
Boicottare farmaci in mano pubblica è sproporzionato e distorto: confonde salute pubblica e politica estera. Se vuoi “pressione economica”, fai lobbying trasparente a Roma o Bruxelles, non micro‑sanzioni municipali sul metoprololo. E se vuoi sostenere i palestinesi, paga un container di antibiotici a un ospedale, non togli i generici a un cardiopatico di Avenza o Moncigoli.
Ci sono anche domande lampo agli organizzatori:
La politica estera non si fa al banco dei farmaci. La coscienza non si lava con la tachipirina altrui. Se volete cambiare il Medio Oriente, accomodatevi nei luoghi dove si decide. Se volete boicottare, boicottate voi stessi: rinunciate ai vostri farmaci Teva, al vostro costo, senza toccare quelli degli altri cittadini. Altrimenti è solo marketing morale in saldo, pronto per le elezioni.
Caso curioso è anche che non si sia ancora vista nessuna raccolta firme contro i farmaci cinesi, russi o iraniani? Ah già, dimenticavo: quelli sono “anti-imperialisti”.